Seppure abbia passato una vita a desiderare di trovarmi into the wild, mi rendo conto ora di quanto sono poco abituato allo stare da solo.
Voglio dire, in questo momento sto da Dio, ma ci sono dei momenti della giornata in cui sento che manca qualcosa.
E’ come se ci fossero 2 anime in me, così distinte, così contrapposte. C’è il Lorenzo di mondo e c’è il Lorenzo che sta bene da solo, in un angolo di mondo.
Giorni fa, tornando dall’ufficio, vedendo come la prima neve aveva reso il paesaggio così diverso da prima, mi è venuta la voglia di andare a farmi una corsetta da solo nelle colline qua intorno. Così, per salutare la prima spolverata di neve, facendo un po’ di movimento all’aperto.
Guanti, cappello, pile, e ben saldo in mano l’immancabile bear spray… yeah man, è pericoloso camminare, figuriamoci correre da solo davanti a un grizzly.
Ai piedi ho le mie nuove scarpe da “trail running”, adatte cioè a correre sullo sterrato. Ma c’è ben poco di “trail” nel mio itinerario: appena uscito di casa lascio il sentiero per dirigermi verso una collinetta dove non ero mai stato.
Arrivato lassù, nella luce bluastra che rende tutto meno distinto, intravedo fra qualche masso isolato, gli alti ciuffi di erba secca e i cespugli di sagebrush, una grossa coda di animale. Un lupo?
Per fortuna è solo un coyote. Anzi, Dev’essere lui, quello che ogni tanto sul far della sera fa capolino, guardingo, tra i trailer del mio villaggio (no, baby, non vivo nell’anteprima di un film, bensì in una piccola abitazione prefabbricata stile campo base). Mi sta simpatico, il coyote, e non mi avvicino per non disturbarlo.
Mi guardo intorno. Il sole è tramontato da un po’. L’aria è secca, frizzante, e ad ogni profondo respiro mi sembra di riempire i polmoni di ossigeno allo stato puro.
Non c’è traccia di vento. Posso distinguere un solo odore: il solito sagebrush, questo arbusto che diffonde la sua essenza di assenzio nelle zone aride di tutto il West. Se avete visto qualche film Western non potete non averlo notato. Non si direbbe che la temperatura è scesa di diversi gradi sotto zero. Nel cielo blu brillante limpidissimo si vedono già le Pleiadi, ma è Venere che la fa da padrone.
Da qui, su questa specie di promontorio, mi sembra di dominare il mio piccolo mondo di Yellowstone. Il mio campo base è un gruppo di luci nell’oscuro del bosco di abeti di Douglas.
Intorno a me le sommità sono completamente innevate e si confondono con delle nuvole bianchissime, così come sono bianche le distese di travertino intorno alle sorgenti termali, che lasciano uscire un ampio pennacchio di vapore. Bianco, ovviamente.
E più in basso, si distinguono in lontananza gli edifici storici di Mammoth, ancora illuminati da questa luce così sobria ed elegante. Quelle case per me in quel momento rappresentano la civiltà, così lontana da me.
E così, tra un bel respiro e l’altro, maturo il pensiero che la felicità sta qui, su questa sommità, a due passi da casa mia. Niente al mondo è meglio dello spettacolo a cui io assisto, solo, in questo angolo di mondo. In questo momento a Torino è notte, a New York è notte, in Cina è mattina, alle Hawaii pomeriggio, e qui, solo qui dove sono io e in una stretta striscia che corre sulla superficie della Terra è crepuscolo. Forse in California il sole ancora colora di rosa qualche nuvola ma deve essere terribilmente banale, comparato a questa luce e la neve e le nuvole e i pennacchi bianchi che continuano a salire di sbieco e perdersi nel blu.
Poi la mia attenzione si posa su un grande branco di elk poco sotto alla collina, che si mettono a correre di improvviso, come se avessero visto un predatore. In effetti non si aspetterebbero di vedere un umano fuori da sentieri, strade e auto, e la reazione è scomposta, ma così tremendamente coreografica.
Osservo le femmine attraversare correndo lo spazio della mia visuale sulla radura, con il maschio che segue con fare baldanzoso con il suo passo per nulla scomposto, e scruta verso di me per capire cosa abbia spaventato le sue femmine. Vi ricorda qualcosa?
E più che essere impaurito, io so solo che sto assistendo a una visione incredibile, ma poi mi sento di troppo in quell’angolo di paradiso. Ho rotto l’incantesimo, spaventando i cervi, che se stanno andando via. E soprattutto mi dispiace che nessun altro abbia assistito a questo spettacolo che volge al termine.
E nel frattempo è già buio, i colori sono svaniti d’incanto e non resta che tornare a casa, e in fretta anche.
Era sogno o realtà?
Mi rendo conto di come
Happiness only real when shared.
Concordo con l'ultima affermazione! Le esperienze ai confini del mondo lasciano mozzafiato, ma è bello poi poterle raccontare e condividere...
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