martedì 23 ottobre 2012

Sette scalini sopra il pericolo



E qualche gradino sotto Obama.



Un paio di settimane fa ho avuto la fortuna di incontrare Dan Wenk, il superintendent di Yellowstone in persona.
Una individuo che amministra il Parco Nazionale più importante degli USA - ma che dico, del mondo. Il quale Dan, nella gerarchia del potere, sta appena un gradino sotto a
Jonathan B. Jarvis, direttore del National Park Service, che abbiamo sentito proprio qui a Yellowstone vantarsi di essere culo e camicia con Obama, per intenderci. Jon sta infatti un gradino sotto allo U.S. Secretary of the Interior, che a sua volta sta un gradino sotto al Presidente.

Quella che vedete a sinistra e'  Mammoth Hot Springs, unico gruppo di case abitato e accessibile tutto l’anno entro confini di Yellowstone.Qui non abbiamo lo smog, e non c’è inquinamento acustico, se si escludono i coyote che ululano alle stelle, e i wapiti maschio che bramiscono alle loro femmine, con lunghe vocalizzazioni che partono dai toni più gravi fino a terminare con un improbabile e acutissimo fischio che puoi avvertire anche da lontano. Questi ungulati, che devono il loro nome originario agli indiani d’America, vennero impropriamente chiamati dai primi white men “Elk” (che in Inglese britannico significa invece Alce), per via delle loro dimensioni ragguardevoli.
Non avevano capito che si trattava semplicemente di cervi simili a quelli che abbiamo in Europa, ma senza dubbio più grandi del nostro Cervus elaphus (è vero, tutto è più grande qui in America).
Avete presente Bambi? Ecco lui e' uno di loro, un Cervus canadensis.

Insomma, questi wapiti, elk, o semplicemente cervi, sono in questa stagione la principale attrazione turistica del paese. Per tutta l’estate ho visto gruppi di femmine pascolare coi piccoli nei verdi prati che costeggiano l’hotel, gli uffici e le poche case dei dipendenti, e allungare il collo in cerca dei rami più bassi nel viale alberato.

Ma è ad ottobre che mi sono trovato di fronte allo spettacolo vero e proprio: il cosiddetto "rutting period". Che non è il tempo di rutti, bensi' la stagione del bramìto. I più grandi esemplari di bull elk scendono in paese sfoggiando i loro impressionanti palchi (o corna) alla presenza delle femmine e dei turisti attoniti.
Dico scendono in paese perché è proprio così: non li vedi solo pascolare sulle alture qua attorno, ma li puoi ammirare mentre sfilano in mezzo alle case e alla gente in cerca di cow elk, e guadagnare a colpi di palchi un harem con un numero di femmine proporzionato al loro rango, a cui daranno la propria discendenza.
Per poi sparire senza lasciar traccia di sé ai primi rigori dell’inverno (
prego le mie lettrici di non giudicare male questi individui, fanno solo il loro lavoro).

Dicevo. Il bramìto dei wapiti non è certo un problema da non dormirci la notte, e mi sono ormai abituato a questa specie di ragli tanto da non farci più caso.
Ma ci sono però altri effetti collaterali che derivano dalla loro presenza ravvicinata. 


*  *  *

Lorenzo vs.  Elk Bull.


E’ notte. Dopo una intensa giornata spesa come runner ufficiale (traducasi jolly tuttofare) alla "Greater Yellowstone in Transition" , mi dirigo stancamente, verso mia auto.
(Sul perché io, che a Torino mi spostavo in bici, abbia improvvisamente sentito il bisogno di possedere un’auto e in particolar modo un fuoristrada c’è molto da dire, ma non ora.)
Nel buio della notte, noto con sconcerto tutt’attorno alla mia Isuzu una quarantina fra femmine, piccoli dell’anno, e giovani di wapiti che sonnecchiano.
In mezzo a tutte cow elk non poteva che esserci Lui, indiscusso leader per rango e dimensioni, un enorme esemplare di maschio dominante di 1000 libbre e sette punte per palco, che in queste settimane ha sfogato il suo impeto verso 47 fiancate di auto di guidatori imprudenti, che si accostavano per poterlo ammirare da piu' vicino (e' proprio Lui nella foto a sx)

Dopo due approcci falliti, ho fatto svegliare di soprassalto alcune femmine, le quali, alzandosi di scatto, hanno attirato l’attenzione delle altre. In breve insomma mi sono trovato in mezzo a una reazione a catena che non avevo calcolato.
E ovviamente Lui se l’è presa con me. Come dargli torto.
E’ distante, più delle 25 iarde raccomandate dai rangers. Ma si sta dirigendo verso di me, ed è meglio mettere qualche altra iarda tra me e lui. Decido quindi di lasciar perdere per ora e mi allontano. Ma lui continua ad avvicinarsi sempre di più.
Insomma, dopo un breve e facile inseguimento, mi sono ritrovato letteralmente
spalle al muro
contro un’abitazione.

E qui ci vuole un attimo di SUSPENSE!

1... 2... 3...  vabbuo' voi contate fino a 10, io nel frattempo vado avanti.

Mi precipito sulla scalinata che porta all’ingresso, e lui si ferma prima. Sette gradini separano me da lui, ma lui allunga il collo e il suo palco di un metro e mezzo mi sfiora. Quattordici punte affilate mi minacciano, e io, senza il tempo di pensare, salto sulla ringhiera, e mi metto in piedi schiena al muro.

Ragazzi, mi raccomando, non fatelo a casa!

Per nulla rassegnato, lui mi viene di lato e le sue corna mi cercano di nuovo.
Io perdo l’equilibrio e sono costretto, per non cadergli addosso, a saltare giù davanti l’ingresso, dov’ero prima. Sono sotto scacco, e qualsiasi mossa io faccia, lui mi minaccerà di nuovo. Non c’è via d’uscita, lui non se ne andrà finché non mi avrà dato una lezione per avergli spaventato il branco di femmine, le sue femmine!
Mentre le sue corna mi stanno per raggiungere di nuovo, la mia mano cerca disperatamente la maniglia, senza le dovute misure di educazione che impongono di suonare il campanello.
Provo a girare e.. la porta si apre! Entro di schiena, e sbatto contro un’altra porta.
Ora, le case qui hanno due porte.  Una è una zanzariera e l’altra è la porta vera e propria. Ma la veemenza con cui sono entrato mi ha fatto aprire entrambe.
Come se non bastasse sento abbaiare da dentro, ed il pensiero che possa essere uno di quei cani che fa bene il suo mestiere per tenere a bada gli intrusi mi spaventa quasi quanto il bull elk là fuori, il quale è ancora lì, possibilmente ancora più arrabbiato di come mi sia defilato senza riuscire a insegnarmi le buone maniere a modo suo.
E allora richiudo la seconda porta alle mie spalle, pigiandomi nell’angusto spazio tra le 2 porte.
Mentre sono in questa situazione di merda ecco comparire il cane: un simpatico labrador nero che mi si avvicina scodinzolando.
Sospiro di sollievo. Mi fa pure le feste!

 Il cane senza volerlo ha comunque fatto il suo dovere segnalando la mia invasione, ed ecco che mi sento chiamare da dentro “WHO are you?
Ora, se è vero che in America puoi sparare a chi invade la tua proprietà privata, aver fatto irruzione alle 10 di sera nel salotto di questo signore potrebbe essere la premessa di una esecuzione nel pieno rispetto della legge. Oltretutto mi trovo nel piu' conservatore degli Stati, dove spesso mi scambiano per un appartenente alla razza dei latinos, magari immigrato irregolare e pertanto preso di mira. Io mi limito a rispondere “Uno inseguito da un bull elk!” E la voce si fa più minacciosa “Dimmi la verità, cosa sei venuto a fare qui?" Continua a parlarmi dall’altra stanza ma non lo vedo comparire.
Dev'essere uno di quelli che hanno appesi al muro una serie di fucili da caccia, pistole e quant'altro, e non ha ancora scelto con quale arma da fuoco darmi la sua, di lezione.
Ma appena arriva lo riconosco: e' il SuperIntendent di Yellowstone in persona!
Lui mi vede agitato e si calma.
E' sufficiente che si affacci alla porta per capire cosa sono venuto a fare a casa sua: nel buio della notte si staglia davanti ai nostri occhi un enorme trofeo di cervo, illuminato nel suo splendore dalla luce dell'ingresso, e che sbuffa e ruota impaziente a destra e sinistra con il suo palco a 14 punte.
Protetto dalle mura domestiche, mi rendo conto di come sono stato fortunato a vederlo da cosi vicino senza rimanerci, e la paura fa spazio a una riverente ammirazione per tale spettacolo della Natura.
 
Il Direttore è una persona molto cool.
Mi chiede chi sia e cosa ci faccia a Yellowstone: “Where does your accent come from?”
Cerca di tranquillizzarmi, e non devo scusarmi per quello che ho fatto: “lo avrei fatto anch’io piuttosto di farmi incornare”.
E così dopo le dovute presentazioni e convenevoli, mi accompagna alla sua uscita sul retro.

Appena ci sporgiamo dalla porta lo vedo di nuovo fare capolino, come se sapesse dell'uscita secondaria.
Ma e' solo un'impressione. Dopo aver aspettato altri 5 minuti, lo vediamo impegnato a seguire, annusandole il didietro, una delle sue tante femmine, le quali sono tornate da lui. E in mezzo a tutto quel pilu di cow elk lui e' di nuovo rilassato e sembra essersi dimenticato di me. 
Mi congedo dal Direttore, il quale mi saluta con un “torna pure, quando serve!”. E me vado a piedi all'unico pub di Mammoth, a raccontare la mia storia e farmi qualche birra per dimenticare.
E a far passare il tempo, perché prima o poi dovrò pure entrare in quella maledetta macchina per tornare a casa!

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